a tergo cartiglio Munchener Jahresausstellung 1906 Esposizioni: Londra,Mostra Italiana, 1904 Napoli, Promotrice S. Rosa, 1906; Monaco, Munchener Jahresantellung 1906;
Il dipinto fu esposto alla XXXIII Mostra della Società Promotrice di Belle Arti di Napoli con il titolo Pro Patria ad aerarium, il cui spunto è fornito dall’Ab urbe condita di Tito Livio.Con lo stesso titolo quest’opera prese parte anche alla Jahresausstellung di Monaco di Baviera nello stesso anno, come indicato nel cartiglio applicato sul verso della tela, dove compare per mano dell’autore, il riferimento al libro VI e al cap. XXVIII dell’opera liviana.Il dipinto, però, può risalire almeno a un paio d’anni prima, quando venne esposto alla Mostra Italiana di Londra del 1904; in quell’occasione le fonti ci restituiscono il nome dell’antico proprietario, tale Francesco Baranello.Salernitano d’origine, Gaetano d’Agostino (1837 - 1914) fu autore di opere riferite principalmente alla storia romana antica, eseguite nel segno della riforma morelliana, e di raffinati cicli decorativi per dimore private ed edifici pubblici.
Tra le prime ricordiamo altre notevoli tele che, insieme con quella qui presentata, costituiscono un nucleo di veri capolavori: Nos numerus sumus et fruges consumere nati, ispirata a un’epistola di Orazio,
esposta alla Mostra Nazionale di Milano del 1872; I saltimbanchi a Pompei, presentata all’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 (oggi al Municipio di Capua) tratta da Terenzio; La vita romana sotto Claudio, inviata alla Mostra Generale di Torino del 1884, il cui tema era desunto da una satira di Giovenale.La grande tela di Pro Patria ad aerarium, inquadrata da una cornice monumentale, rientra in quel preciso filone che, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento, ebbe un grande seguito a Napoli come nel resto d’Italia, raggiungendo un picco negli anni Ottanta. Fra i meridionali con i quali l’opera di D’Agostino trova collegamenti stilistici e tematici ricordiamo il napoletano Camillo Miola e il siciliano Giuseppe Sciuti, anche nell’inquadratura orizzontale e nell’andamento narrativo della scena, mentre, fra gli altri artisti della penisola, è forse con il modenese Giovanni Muzzioli che possono essere rintracciate le maggiori concordanze.Il tema per così dire “archeologico moderno” trovò una grande
fortuna a Napoli all’insegna della riforma della pittura di storia cui Domenico Morelli diede vita con le opere dei primissimi anni Sessanta (si ricorda Il bagno pompeiano del 1861). A questo immaginario neopompeiano diede forte impulso anche l’opera del pittore olandese Lawrence Alma-Tadema, che, durante i soggiorni napoletani, ebbe modo di influenzare gli artisti locali.“Rappresentare cose non viste ma immaginate e vere”, come dettava Morelli, fu la conditio sine qua non alla base delle scene storiche o d’invenzione, che, dunque, nell’epoca del verismo, dovevano rispondere a criteri di assoluta verità storica. A questi criteri si rifà la tela di D’Agostino, condotta secondo la rappresentazione scenica, senza tralasciare la cura dei dettagli, l’indovinata espressione dei volti, la posa dei personaggi, compreso lo schieramento dei togati che funge da sfondo. Le teste rappresentate da sotto in su delle figure a destra ricordano i vari studi di giovani e di vecchi eseguiti a olio dall’artista come esercizio
formale.
Isabella Valente