Balestrieri Lionello (Cetona SI, 1872 - 1958) Beethoven
olio su tela, cm 87x187
firmato, datato e iscritto in basso a destra: L. Balestrieri Paris 1900
Provenienza: Coll. privata,Milano; Coll. privata, Roma
Nato da un’umile coppia senese, Lionello Balestrieri fu costretto assai presto a lavorare come decoratore per potersi permettere gli studi di Belle Arti, prima a Roma poi a Napoli; qui fu dapprima seguito da Gioacchino Toma, poi in un secondo momento seguì con grande entusiasmo le novità introdotte nel Real Istituto sotto la direzione di Filippo
Palizzi e Domenico Morelli, quest’ultimo poi maestro venerato dal Balestrieri per l’intera sua vita.
Appena ventenne Lionello si trasferì a Parigi, attirato dal fascino e dalla fama della Ville Lumière come tanti altri suoi contemporanei. La vita nella soffitta di un palazzo popolare di Montmartre fu certamente dura e difficile, seppure
allietata dalla presenza dell’amico Giuseppe Vannicola, poeta e violinista romano col quale il pittore divideva l’alloggio:fu costui il tipico bohémien, dedito ad una vita “maledetta” all’insegna degli eccessi e destinata ad una tragica e precoce
fine circa venti anni dopo; il suo evidente carisma influenzò tuttavia fortemente il Balestrieri, che negli anni parigini produsse una folta serie di opere accomunate dal tema musicale, come La morte di Mimì, Chopin, Notturno, Manon;
su tutte queste, tuttavia, si impose il Beethoven realizzato dopo molti ripensamenti nel 1899 ed esposto per la prima volta all’Universale di Parigi del 1900: premiato con la medaglia d’oro, fu nuovamente in mostra alla Biennale veneziana
del 1901 e là acquistato dal Museo Revoltella di Trieste, ove tuttora si trova.
In vero l’inatteso successo della grossa tela fu tale che si moltiplicarono rapidamente le richieste e le conseguenti realizzazioni di copie, tanto che lo stesso Lionello, versato come in pittura anche nella grafica, preferì dedicarsi ben presto ad incisioni, acqueforti ed acquetinte per velocizzare i processi di produzione ed aumentare i guadagni.
Forse sarebbe preferibile addirittura ammettere che in definitiva la fama dell’opera fu anche troppa, e finì per oscurare quella del suo stesso autore, se questi poi, nonostante le successive produzioni impressionista (Lavandaie sulla Senna) e
macchiaiola (Signora che ricama in giardino), verista (Mademoiselle Chiffon) e finanche futurista (Sensazioni musicali, Penetrazione, Materia e spirito), finì per essere ricordato solo e soltanto per il suo giovanile Beethoven. L’ opera proposta dunque è innanzitutto una versione successiva al celebratissimo originale, chiaramente; tuttavia il
supporto in tela la retrodata rispetto ai numerosi multipli di minor valore, inoltre essa reca la firma di Balestrieri che è assente nella maggior parte delle copie (quelle apparse sul mercato, almeno) ed è di tutte queste più grande. Il soggetto
è vagamente autobiografico, presentando in primo piano sulla sinistra lo stesso Balestrieri (il quale realizzò in vita numerosi autoritratti) intento ad ascoltare l’amico Vannicola che suona con l’accompagnamento d’un pianoforte la
celebre Sonata Op. 47 “a Kreutzer” di Beethoven (il musicista tedesco è in realtà presente nell’opera come inquietante presenza fantasmatica mediante una riproduzione della sua maschera funeraria, appesa non a caso in alto e quasi al centro della composizione); gli altri personaggi, una somma di solitudini più che una vera compagnia, pure sembrano
ascoltare la virtuosa esecuzione musicale, oppure soffrono l’alienazione causata dagli alcolici e dal consumo d’assenzio (particolarmente suggestiva è la figura femminile dallo sguardo perso nel vuoto che s’accompagna all’artista). Gli stessi
vividi colori della tavolozza si fanno acidi (più qui che nell’originale, dove si preferirono evidentemente toni cupi che meglio rispecchiassero la fredda miseria della vita bohémienne), come filtrati dai fumi delle droghe, e danno all’interno
l’aspetto di quei café parigini tanto cari a Toulouse Lautrec, oppure avvicinano l’opera ai celebri “bevitori d’assenzio” di Degas e Picasso.