Gigante Giacinto (Napoli 1806 - 1876) La fontana di Cava olio su tela, cm 15x22,5 firmato in basso a sinistra: Gia Gigante
Opere provenienti dalla Collezione Ferrara Dentice
dal lotto 160 al 177
Uno degli esempi del mecenatismo napoletano può a tutti gli effetti considerarsi la collezione
Ferrara Dentice. ; essa rappresenta un lascito di fondamentale importanza, insieme alla
collezione Astarita, per gli studi preposti, nel corso dei secoli, circa la pittura italiana e in
particolare per quella napoletana. I due nuclei di opere ceduti allo Stato constano di
innumerevoli lavori di prestigio, di autori la cui fama è ben nota oltre i confini della penisola;
ma soprattutto mostrano il desiderio dei collezionisti di lasciare libera fruizione di contenuti
scientifici immortali. Capolavori che solcano i secoli, dal Seicento all’Ottocento, costituiscono
importanti cardini delle collezioni museali napoletane: la Ferrara Dentice presso il museo di
San Martino, mentre il museo di Capodimonte ospita la Collezione Astarita. Quest’ultima fu
donata al museo nel 1972, da Mario Astarita, il quale a sua volta l’ebbe in dono dal fratello
Angelo, generoso collezionista e per celebrare il ricordo del fratello scomparso precocemente,
Mario decise di rendere pubblica la sua ricchissima collezione, che consta di innumerevoli
opere dell’Ottocento napoletano, dei lavori di grandi nomi del mondo dell’arte che hanno
caratterizzato la “scuola di Posillipo” e soprattutto opere di Giacinto Gigante, grazie alle quali
è possibile seguire un excursus circa l’evoluzione artistica del maestro.
Di non minore importanza la collezione Ferrara Dentice donata al Museo di San Martino,
giunta lì dopo numerose peripezie burocratiche, poiché inizialmente il mecenate Enrico
Ferrara Dentice aveva destinato gran parte delle opere della sua raccolta al Museo Nazionale
di Napoli. Il suo lascito testamentario, risalente al 1906, prevedeva la collocazione della sua
collezione presso il Real Museo di Napoli, che avrebbe dovuto predisporre alcune sale ad
accogliere suddetta donazione; purtroppo tali ambienti non furono mai edificati e fu dunque
il fratello Orazio, dopo la sua morte, a occuparsi delle pratiche burocratiche, affinché le opere
trovassero un’adeguata ubicazione. La mancanza di spazi ottimali da adibire a tali scopi fece
sì che la donazione avesse luogo circa vent’anni dopo il lascito testamentario di Enrico: unica
erede vivente rimasta, Emilia, sorella del collezionista, nel 1929 optò per il trasferimento della
collezione presso le sale del Museo di San Martino. Gli studi sulle opere iniziarono l’anno
precedente, ma i capolavori giunsero al Museo solo nel 1934.
La collezione fu materia di interesse per numerosi studiosi, non solo per i grandi artisti che la
caratterizzano, ma anche per la sua eterogeneità: sono presenti dipinti del 1600, come opere
dell’Ottocento e numerosi disegni di Giacinto Gigante, opere di Pitloo, Achille Vianelli, Jacopo
Guglielmo Huber, Raffaele Carelli, Corrado Giaquinto, Consalvo Carelli e molti altri; soprattutto il nucleo dei lavori dei maestri della “scuola di Posillipo” è di pregiato valore artistico.
Importante per la completezza della collezione è l’acquisizione di disegni danesi, che Enrico
Ferrara Dentice ottenne a Copenaghen, durante il suo viaggio nel nord Europa, quando fu
ministro plenipotenziario a Stoccolma: ciò denota la curiosità artistica del collezionista,
interessato ad acquisire anche opere internazionali.
Gli innumerevoli autori italiani sono protagonisti della collezione anche grazie agli stretti rapporti di familiarità tra i Ferrara Dentice e gli stessi artisti: numerosissime volte, infatti, i mecenati furono presenti nello studio del maestro Gigante, osservando così i suoi sviluppi artistici e quelli
dei suoi allievi e potendo constatare la crescente fama acquisita dai “posillipisti”.
Grazie al sensibile spirito di amatore d’arte di Enrico, la collezione si arricchì anche di lavori
provenienti da rinomate altre raccolte, quali quelle di Crozat, Maggiori, von Rumohr, per citarne alcune.
La fama di questa collezione ha incuriosito diversi studiosi, portandoli a ricerche in merito
alla composizione della stessa, giudicando di inestimabile pregio le “cartelle di fogli” volute da
Enrico; primo tra tutti Sergio Ortolani, che può essere considerato il primo vero studioso della
raccolta e che organizzò, già nel gennaio 1929, un’ esposizione delle suddette opere presso la Villa Floridiana e si occupò della prima catalogazione riuscendo a conferire alla raccolta la celebrità che tutt’oggi conserva.
Nel 1941, nel Ridotto del Reale Teatro San Carlo, lo stesso Ortolani, coadiuvato da Roberto
Pane e con la collaborazione di Bruno Molajoli, allestirono una mostra di disegni, investendo la
collezione anche di una connotazione documentaristica, grazie agli sviluppi stilistici dei maestri
presenti in essa: i numerosi disegni caratterizzano il processo di maturazione dall’arte a Napoli,
fornendo la possibilità di osservare la crescita degli artisti stessi.
Negli anni ’50 la collezione Ferrara Dentice fu oggetto di studio di Raffaello Causa, che decise
di ampliarne le ricerche e analizzare, ancora una volta, scientificamente i disegni; culmine di
tale approfondimento furono le rassegne che si tennero nella Saletta delle mostre periodiche.
Da questo momento in poi, l’interesse per l’arte grafica presente nei musei napoletani crebbe in modo esponenziale, facendo sì che la raccolta guadagnasse maggiore prestigio non solo per i suoi dipinti, ma anche e soprattutto per i suoi disegni. La sua reputazione, nel corso degli anni, non è stata scalfita: la collezione Ferrara Dentice rimane un fiore all’occhiello del nostro patrimonio artistico, al punto da spingere Raffaello Causa a dire della collezione che “e per qualità e per numero, pone in ombra gli altri lasciti ed acquisti che già avevano riunito nel Museo” .
Federica Barile