Santoro Rubens (Mongrassano CS, 1859 - Napoli, 1942)
Gli zingari
olio su tela, cm 52x40
firmato in basso a destra: Rubens Santoro
a tergo cartigli: Zingari Dalla collezione particolare dell'autore; Primo premio con medaglia d'oro in Italia - Chicago e Parigi; Inv. n. 282 Proprietà Avv. Gregorio Armiero; L'Arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia Mostra di Arti figurative e di Arti applicate dell'Italia Meridionale - Roma 1953
PROVENIENZA : Napoli, collezione Armiero; Napoli, Galleria d'Arte Vittoria Colonna; Napoli, collezione privata
ESPOSIZIONI:World's Fair: Colombian Exposition, Chicago, Illinois, Stati Uniti d'America, 1893; Salon, Parigi, Francia, 1896; Prima Esposizione Italiana, Leningrado, Russia, 1898; L'Arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia. Mostra di Arti figurative edi Arti applicate dell'Italia Meridionale, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 7 Marzo - 31 Maggio 1953; Ottocento e Novecento, Napoli, Galleria d'Arte Vittoria Colonna, 2006.
BIBLIOGRAFIA:L’Arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia. Mostra di Arti figurative e di Arti applicate dell’Italia Meridionale (Roma, Palazzo delle Esposizioni, Marzo-Maggio 1953), catalogo della mostra, De Luca, Roma, 1953, p.81, n. 13; Catalogo Bolaffi della pittura italiana dell’Ottocento, Torino, 1968, p. 412; Ottocento e Novecento, catalogo della mostra a cura di Rosario Caputo, Galleria d’Arte Vittoria Colonna, Napoli, 2006, pp. 26-27.
Figlio d’arte, dal padre intagliatore (dotato localmente di una certa fama) Rubens Santoro fu educato ai primi rudimenti di pittura. Al 1870 risale probabilmente il suo trasferimento a Napoli, seguito poco dopo dall’iscrizione al locale Real
Istituto di Belle Arti, ove il ragazzo divenne pupillo di Domenico Morelli: di quest’ultimo il Santoro seguì rigidamente i dittami anche quando, ad appena un anno dall’inizio dei suoi studi accademici, il giovanissimo ma assai ribelle
artista decise di abbandonarli. La precocissima partecipazione del Santoro alla Promotrice del 1874 mostra dunque con Un balcone, Un’impressione e Una fanciulla che ride, la sua adesione al vero. In quello stesso anno intanto il giovane conobbe Mariano Fortuny (in quegli anni residente a Portici), rimanendone come tanti altri molto colpito
dall’arte nonché dai benevoli incoraggiamenti: «Tu hai cominciato dove altri finiscono», gli scrisse lo spagnolo, ed in effetti Rubens si trovò per sorte ad operare quando, deceduto Gigante, era tuttavia ancora vivo lo spirito della Scuola di Posillipo per mano di Gonsalvo Carelli, nonché imperversavano i componenti della repubblica porticese,eppure l’artista riuscì a farsi partecipe di quella nuova pittura di paesaggio che nelle tele di Caprile, Migliaro, Casciaro, Scoppetta, veniva declinata secondo modi particolarmente soggettivi ed intimistici. Se gli esiti in cui Santoro riuscì
a conciliare le teorie palizziane e morelliane con le idee di Fortuny apparvero in pubblico alcuni anni dopo, l’artista fu già intanto alla Nazionale di Napoli del 1877. Tre anni dopo Rubens fu anche alla grande Esposizione di Torino, e deve risalire a quel viaggio per il Settentrione italiano la scoperta per lui tanto importante delle vedute di Venezia e
Verona: le possibilità offerte da queste due città di un’ulteriore sperimentazione del colorismo pittorico a lui tanto caro portarono infatti ad una nuova evoluzione tanto della poetica che della tecnica dell’artista; le sognanti rappresentazioni
del capoluogo veneto in particolare riscossero grande successo in ambito internazionale (anche grazie alla mediazione del celebre mercante Goupil), conducendo il Santoro a molteplici viaggi (ed esposizioni) in giro per l’Europa.
La stessa tela proposta ha in effetti una lunga storia espositiva all’interno della produzione del Santoro. Fu già in mostra probabilmente alla citata Nazionale napoletana del 1877 col nome La grotta degli zingari, se il commento dello Schettini a quest’ultima opera può considerarsi calzante al soggetto qui rappresentato: l’autorevole storico dell’arte pare infatti cogliere perfettamente il raffinato gioco chiaroscurale col quale sono tratteggiati i personaggi del quadro
nei loro variopinti costumi. La componente emotiva (intima, come si diceva) dell’opera è in effetti caratteristicamente affidata dall’autore alla luce, e qui specialmente al suo riflettersi sui particolari, quali vasi, stoviglie, lampade, che
concretizzano quell’atmosfera domestica che il Santoro intende valorizzare. Sappiamo comunque che La grotta degli zingari ebbe notevole successo e che pertanto l’artista fu formalmente invitato ad esporla nuovamente all’Universale di Parigi del 1878. Similmente, dalla descrizione di un anonimo redattore del Corriere di Napoli possiamo supporre
la presenza dell’opera anche alla Nazionale di Palermo del 1891-92, dove vinse il primo premio; essa valse al proprio autore una seconda medaglia aurea l’anno seguente all’Esposizione Mondiale Colombiana di Chicago, ed infine una terza probabilmente al Salon parigino del 1896.