Brancaccio Carlo (Napoli 1861 - 1920) Avenue de l’Opéra, Paris olio su tela, cm 46x55 firmato e iscritto in basso a destra: Carlo Brancaccio Paris Provenienza: Coll. privata,Napoli Bibliografia: Ottocento Catalogo dell’Arte Italiana. Ottocento – Primo Novecento n.42, Milano 2013, pag.179.
Per chi abbia un qualche interesse per la pittura dell’Ottocento, il nome di Carlo Brancaccio evoca immediatamente una precisa poetica e una cifra inconfondibile. Tuttavia, come ancora accade per molti maestri che proiettarono la
propria operosità tra la fine del secolo XIX e i primi due decenni del successivo, non esiste una monografia - sia pure dilettantesca o amatoriale - e la stessa bibliografia è estremamente povera. Così, per chi voglia saperne di più, una buona fonte rimane un libro di oltre mezzo secolo fa: «Lo avevano destinato allo studio delle matematiche, ma ben presto se ne mostrò poco sodisfatto [sic], finché nel 1883, quando cioè aveva compiuto ventidue anni di età, si mise a studiare la pittura […]. Egli spesso narra di dovere molti consigli e non pochi esempi al Dalbono. Espose per la prima volta a Londra, nel 1888, un dipinto Marinella, che è un bel ricordo di Napoli. Da parecchi anni vive a Parigi, e di là ha mandato quadri a moltissime Esposizioni» (Giannelli, Artisti napoletani viventi, 1916). Salvatore di Giacomo, scrivendo di Brancaccio, osservò che «le opere di questo artista di grande e sicuro talento nascono da un piacere diretto
che egli sente davanti la natura e davanti al bello: Brancaccio quando lavora si diverte particolarmente: i suoi soggetti di plein air l’interessano, lo seducono, ed egli vi entra con foga, passione e curiosità. Non ha mai conosciuto né scuola
né accademia, fa da sé. Egli ha tirato dal nostro adorabile paese, dalla nostra viva e vera Napoli le fisionomie le più strane, e le più caratteristiche per suggestionare i temperamenti più differenti». “Riscoperto” dagli stranieri per i suoi animatissimi scorci parigini che fanno tanto Belle Epoque, amatissimo dai partenopei per la solarità delle sue scene della vecchia Napoli, talvolta derivate da modelli fotografici, benché, com’egli stesso ammetteva, fosse debitore ai consigli di Dalbono, seppe subito conquistarsi un linguaggio personale che, volendo ad ogni costo riferirlo alle suggestioni del ricco filone della pittura partenopea tardo-ottocentesca, potrebbe definirsi equidistante tra Migliaro e Dalbono, ma arricchito dalle particolari atmosfere dei luoghi rappresentati. Ma la produzione più cara ai collezionisti rimane quella relativa al suo lungo soggiorno parigino, a cui appartiene questo quadro, “Avenue de l’Opéra”, che riprende l’omonima piazza antistante il teatro e che topograficamente diventa un’importante testimonianza per il fatto che è assente l’uscita della stazione della metropolitana (Opéra) che sarà inaugurata solo il 19 ottobre del 1904. Il che ci permette di fissare
antecedentemente a questa data la realizzazione dell’opera. Inoltre, osservando il quadro, sulla sinistra si potranno scorgere le vetrine del famoso Café de la paix, all’angolo tra il Boulevard des Capucines e la Place de l’Opéra, la stessa dove, per lungo tempo, il famoso mercante Adolphe Goupil aveva impiantato la sua celebre Maison.