Gigante Giacinto (Napoli 1806 - 1876)
Cava dei Tirreni
olio su tela, cm 39x60
firmato in basso a destra: Gia Gigante
Figlio d’arte, Giacinto Gigante, primogenito di otto figli (di cui quattro morirono prematuramente a gli altri divennero
tutti pittori), prese il nome dal Diana, maestro in Accademia del padre Gaetano Gigante, e da quest’ultimo i primi
rudimenti di pittura (nel secondo decennio dell’Ottocento). Furono tuttavia ben altri i suoi veri maestri: innanzitutto,
e specialmente sul piano tecnico, il tedesco J.W. Hüber, dal quale insieme all’amico di sempre Achille Vianelli Giacinto
apprese l’uso di acquerello, acquatinta e del cosiddetto “disegno a contorno”, tutte procedure che gli tornarono assai utili
nel lavoro cui contemporaneamente il padre l’aveva spinto, presso il Reale Officio topografico (dove il giovane artista
poté pure sperimentare la nascente litografia), esperienza dalla quale nascerà pure la “Carta topografica e idrografica di
Napoli e dintorni”; in vero il Gigante si servì di lì a poco di tutto questo ampio bagaglio tecnico per intraprendere una
attività piuttosto remunerativa di vendita di “souvenir iconografici “ ai numerosi turisti che di nuovo (dopo la parentesi
della Repubblica napoletana del 1799 ) calpestavano la terra di Partenope sulle orme della mitica grecità.
L’altro e forse ancora più importante mentore (nonché sincero amico) fu A.S. van Pitloo, frequentato sia prima che dopo
il suo incarico come professore della cattedra di Paesaggio presso il Real Istituto di Belle Arti, ambiente che il Gigante
invece rifuggì sempre, e con vanto: «io mi trovavo a non aver battuto la strada degli alunni dell’Istituto giacché studiavo
sempre dal vero». Nell’attenzione appunto al vero Giacinto seguitava in vero un percorso di gusto tutto partenopeo
già intrapreso da illustri artisti del passato, ma rinfrescò questo di nuova vita proprio grazie agli insegnamenti del
Pitloo, intorno al quale s’era poi riunito un gruppo di pittori di formazione non accademica e pertanto denominato con
disprezzo (dagli ambienti artistici ufficiali) “Scuola di Posillipo” a partire dal luogo in cui il gruppo stesso s’era stabilito
(una scelta non casuale e rispondente certo a richieste commerciali - dei turisti borghesi che pure soggiornavano
a Posillipo - non dissimili da quelle che già avevano messo in moto il Gigante); Pitloo e i suoi, fra cui ovviamente
Gigante (che divenne in seguito protagonista della “Scuola”), ebbero il merito di rinnovare il genere del paesaggio
mutando radicalmente il rapporto fra artista ed oggetto della sua visione, ora non più riportato freddamente sulla
tela ma interpretato attraverso le emozioni sensoriali e spirituali di chi l’osserva: «si afferma insomma la personalità
creatrice e, con essa, il lirismo» (A. Schettini).
Sotto la guida di Pitloo Gigante eseguì il suo primo olio (“Lago Lucrino” del 1824), eppure queste tecnica non gli
fu mai troppo congeniale, contando dunque relativamente poche prove nella ricchissima produzione dell’artista;
considerando poi le molte opere perdute in collezioni private non solo italiche ma anche straniere (visto l’enorme
successo che Giacinto ebbe ancora in vita all’estero), risulta tanto più eccezionale la presenza dell’opera qui proposta. È
stato scritto in passato che gli olii del Gigante richiamassero un gusto pittorico tipicamente nordico nel rappresentare
l’impressione del vero, e non c’è dubbio che Pitloo stesso fece da filtro tra l’ambiente napoletano e svariate tendenze
d’oltralpe, in particolare la pittura di J. M. W. Turner; pertanto v’è spesso in Gigante come si diceva un certo afflato
visionario, anche appena accennato, nell’attenuazione del dato naturale puramente documentario a favore di certe
invenzioni coloristiche (sempre frutto di un’eccezionale sensibilità), e tuttavia parrebbe più opportuno ascrivere questa
tela alle ricerche che impegnarono intorno alla metà del secolo l’artista soprattutto a Sorrento e si concentrarono
particolarmente sullo studio delle variazioni cromatiche in natura, collegando così in qualche modo il percorso di
Gigante a quello della scuola di Barbizon e dunque al grande movimento impressionista francese.